
Premessa.
Citando Rita Borsellino, che si chiedeva il perché ancora nessuno abbia sconfitto la mafia se tutti dicono di combatterla, noi ci chiediamo il perché se tutti dicono di combattere il randagismo ancora nessuno lo abbia sconfitto..
La risposta crediamo sia la stessa: perché intorno al randagismo si è creato un sistema dove c’è chi si lava le mani e chi le ha sporche..
Come Movimento di denuncia, lanciamo il nostro attacco al randagismo attraverso il CEO (Codice Etico Operativo) e relativo Regolamento, una serie di precetti morali (obblighi e divieti) attraverso cui riteniamo che la lotta debba iniziare “colpendo” il mondo animalista, reo di rincorrere affannosamente le conseguenze del problema disinteressandosi del problema!
Solo così, speriamo di riuscire a costruire un nuovo movimento, che prima ancora di animalista deve essere culturale, in grado di affrontare i fenomeni a danno degli animali per sconfiggerli e non per subirli.
Il riscontro che avrà questo progetto sarà la cartina al tornasole sullo stato di salute dell’animalismo italiano..
Il Progetto.
Sulla base della situazione fedelmente descritta nel programma nazionale del Movimento circa la tutela degli animali in Italia e in particolare il randagismo, ossia debole se non assente, riteniamo essere giunto il momento di agire con determinazione e coraggio allo scopo di ricostruirla, contrastando seriamente le forme di sfruttamento e maltrattamento economico e non, in forma singola o associata, degli animali. Una tutela quasi inesistente a causa di una Pubblica Amministrazione inadempiente, dell’assenza di idonei controlli istituzionali – il vero anello mancante tra la legge e la sua applicazione – e a causa di un mondo animalista individualista, minato dai personalismi e spesso dagli interessi economici, quindi privo di soluzioni financo dannoso. In mezzo, milioni di animali!
Nei punti elencati nel CEO e nel relativo Regolamento, è rappresentano quella che il Movimento considera la ricetta risolutiva che il singolo cittadino e volontario, le Associazioni e le istituzioni devono applicare per combattere il randagismo, lavorando alla soluzione ossia combattere il fenomeno sul territorio, dove si origina, con investimenti pubblici da dedicare alle cause e che nel prossimo futuro saranno stornati dai milioni di euro regalati dai Comuni ogni anno alla gestione dei canili da parte dei privati. Da sempre, la sola “soluzione” al randagismo, è stata quella di risolvere il problema dei randagi mettendo i cani nei canili nelle mani di privati finanziati con soldi pubblici o in strutture abusive (cd stalli) in mano a “volontari” e Associazioni dediti a raccattare randagi – in molti casi lucrando – senza attivare la procedura normativa e mai autori di iniziative volte a ripristinarla, laddove assente, o migliorarla, laddove presente, efficientando la Pubblica Amministrazione deputata in materia. Il paradosso attuale è che il randagismo è in costante crescita da sempre (qui, il vero fallimento animalista), i canili convenzionati sono pieni di cani e vuoti di volontari e centinaia sono i rifugi abusivi in mano a volontari e Associazioni; è ovvio che molto non quadra!
Per quanto attiene le responsabilità in tema di randagismo, sia chiaro, non esiste una normativa generale valida su tutto il territorio nazionale che stabilisca chi è responsabile dei cani randagi tra il Sindaco e il Servizio Veterinario Pubblico, ma, secondo la Giurisprudenza, si gioca su una ripartizione di compiti tra i due predetti attori pubblici e la responsabilità dell’uno non fa venir meno quella dell’altro soggetto.
L’imperativo è invertire questo assurdo status quo e in questo siamo i soli che stanno agendo in questa direzione, facendo comprendere l’importanza di colpire alla radice del problema, guarire la malattia e non i sintomi.
Ciò non significa ostacolare il salvataggio del singolo cane o gatto da parte del “volontario”, ma ristabilire i ruoli naturali e iniziare un lavoro di vero e concreto contrasto al randagismo, dove la P.A. adempia alle leggi in prima persona e il volontariato torni ad essere da sollecito e controllore del lavoro della P.A. oppure, laddove si occupa autonomamente di animali vaganti o feriti, lo faccia sottoponendosi al meccanismo di trasparenza qui indicato, a garanzia di un animalismo disinteressato ossia finalizzato SOLO al benessere degli animali e, infine, comprenda l’importanza di iniziare a dedicare del tempo alla soluzione e non solo al problema.
Bisogna, dunque, lasciare perdere le iniziative ideologiche che per definizione non portano a nulla e impegnarsi in attività al contrario realiste che per definizione possono portare a risultati a breve termine, puntando sull’unione e la competenza!
Ci rendiamo conto che l’impatto di questa iniziativa sarà non facile da comprendere, sia per le ragioni esposte nel programma nazionale e sia perchè chi deve comprendere l’efficacia e soprattutto il contenuto risolutivo del C.E.O. è, per la maggioranza, proprio quel sistema stesso che vogliamo combattere!
Così come ci rendiamo conto che il successo o meno di questa iniziativa dipenderà dal consenso che troverà e dalla nostra capacità di convincere, crederci e applicarlo.
La storia ci insegna che il cambiamento parte dal basso e così anche quello animalista deve partire da noi cittadini, onesti e per bene, che ci dichiariamo amanti degli animali, coinvolgendo proprio i Sindaci che, per la diffusa latitanza delle Regioni e dei servizi veterinari pubblici, riteniamo sia la figura istituzionale da cui iniziare a combattere il problema.
Il cambiamento è una porta che si apre dall’interno e, senza presunzione alcuna, siamo convinti che in queste pagine si trovi la chiave per aprirla, e se c’è la volontà, per abbatterla..
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